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Femminilità: le 4 caratteristiche psicologiche che fanno “male” al sesso

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femminilità

L’adolescenza e la prima età adulta sono momenti in cui la sessualità ha significati molto specifici. Pur riconoscendo l’importante ruolo dell’intimità in tutte le stagioni di vita, il periodo dello sviluppo, dell’esordio sessuale e della prima sperimentazione erotizzata di sé è estremamente importante per l’individuo. Gli esiti di questo momento sono il risultato di un insieme di fattori relazionali, psicologici, sociali, educativi e culturali. Secondo quanto stabilito dall’Organizzazione Mondiale della Sanità una buona sessualità è da ritenersi un’area  importante per la salute globale della persona; dall’altro lato, secondo una prospettiva assodata in letteratura scientifica, la salute psicologica influisce in modo significativo sulla salute sessuale dell’essere umano.

Era la seconda metà del 1900 (intorno agli anni ‘70) quando Eysenck parlò per primo di come il comportamento sessuale fosse influenzato da alcune principali caratteristiche di personalità; in particolare, egli parlò di “nevroticismo” (caratteristica rappresentata da una certa instabilità emotiva) come di quella variabile significativamente associata alle disfunzioni sessuali maschili. Tale prospettiva è stata non solo ripresa ma anche riscontrata in diversi studi attuali di un certo prestigio (Quinto Gomez e Nobre, 2011). Come ulteriore esempio della validità di questo primo modello di studio, diverse ricerche hanno riscontrato come comportamenti sessuali a rischio (come quelli senza l’uso del preservativo) siano associati a tratti di personalità “estroversi” (poco orientati all’attenzione e alla riflessione su di sé) con un basso livello di consapevolezza.

La relazione tra vita psicologica e sessuale sembra essere ancor più significativa se si considera la fascia di popolazione più giovane. In uno studio olandese del 2016 che ha preso in esame un gruppo molto numeroso della popolazione dai 15 ai 70 anni, è risultato che il 27% delle donne ed il 19% degli uomini avevano sperimentato nella vita almeno una disfunzione sessuale significativa in termini di durata e d'impatto sulla persona. Considerando esclusivamente la fascia di popolazione tra l’adolescenza e la giovane età adulta (15-24 anni), le percentuali per la stessa variabile salgono vertiginosamente, arrivando al 43% delle femmine ed al 27% dei maschi.

Ciò che colpisce ad un primo sguardo è l’ampia diversità di genere, con la popolazione femminile più giovane decisamente più sofferente in tema di erotismo.

Facendo riferimento agli allarmanti dati di uno studio condotto nel 2015 nel nord Europa sulla presenza di disturbi d’ansia (20% delle donne; 10% degli uomini) e depressione (23% delle donne; 13% degli uomini), un gruppo di studiosi olandesi ha cercato di fare chiarezza tra la presenza di sintomi psicologici e la funzione sessuale delle giovani donne.

Lo studio, pubblicato recentemente sul prestigioso Journal of Sexual Medicine da Grauvogl e collaboratori, ha riscontrato su 188 donne tra i 18 e i 25 anni, la presenza di alcune caratteristiche psicologiche specifiche e ricorrenti in coloro che erano affette da disturbi sessuali (disturbo del desiderio, disturbo dell’eccitazione, disturbo dell’orgasmo e disturbo da dolore genito-pelvico). Le 4 aree riscontate sono state: scarsa consapevolezza delle proprie emozioni; tendenza al controllo, all’ossessività e al perfezionismo; individualismo; scarsa autostima e bassa sicurezza di sé.

Risultati come questi danno origine ad una serie di considerazioni. In primo luogo, le caratteristiche di personalità disadattive riscontrate nel gruppo di donne con disfunzioni sessuali possono essere facilmente considerate uno specchio (in negativo) dei valori promossi dalla cultura del nostro tempo; la scarsa attenzione per l’altro, per i propri vissuti e la tendenza a fornire una prestazione a scapito dell’esperienza soggettiva ne sono solo un piccolo esempio. Il fatto che ad esserne più penalizzate siano le fasce di popolazione più giovani non è oggetto di stupore; nell’età in cui i valori, i gusti e le opinioni sono ancora un work in progress, infatti, può essere molto difficile assumere un punto di vista critico e stabile nei confronti dei valori culturali più diffusi.

Inoltre, esiti come questi permettono di sottolineare ulteriormente quanto il trattamento più efficace per un sintomo sessuale sia quello integrato; come suggerito dagli Autori, infatti, il lavoro clinico sessuologico deve estendere il suo focus dal sintomo alla promozione di caratteristiche psicologiche adattive e più funzionali ad una relazione flessibile tra la persona ed il suo contesto di riferimento.

Ringrazio per la collaborazione la Dott.ssa Elisabetta Todaro


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