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Patologicamente gelosi: la sindrome di Otello

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gelosia patologica

“Guardatevi dalla gelosia, mio signore! È un mostro dagli occhi verdi che si diletta col cibo di cui si nutre” (William Shakespeare, “The Tragedy of Othello, the Moor of Venice”, 1604).

La gelosia, un mostro dagli occhi verdi, così come la definiva Shakespeare nell’Otello, è un vissuto molto comune che investe la sfera sentimentale e relazionale di molte persone. Occorre però effettuare una netta distinzione tra la gelosia, intesa come comune sentimento, e la gelosia patologica.

Nello specifico la sindrome di Otello è caratterizzata dalla ferma convinzione di atti di infedeltà da parte del partner senza che vi siano indizi concreti a sostegno della preoccupazione che viene espressa. Essa si manifesta tramite comportamenti controllanti e disturbanti per la relazione.

Ma quand’è che si passa dalla gelosia come sentimento alla gelosia come tratto patologico? Molti autori hanno tentato di definire i criteri necessari per delimitare il confine tra il sano e il “patologico”. Occorre però specificare che segnare il limite tra ciò che è clinicamente rilevante e ciò che rientra nella normale esperienza personale e relazionale è molto difficile quando si parla di situazioni in cui entrano in gioco i sentimenti. Bisogna, quindi, considerare sia gli aspetti relativi al vissuto emotivo che i comportamenti messi in atto.

Lo psicopatologo francese de Clérambault tentò di definire questo confine stabilendo che si può parlare di gelosia patologica quando la risposta da un punto di vista passionale è spropositata rispetto allo stimolo scatenante; quando le risposte comportamentali ed emotive ritenute abnormi tendono a permanere nel tempo; inoltre, sebbene spesso l’individuo si renda conto dell’assurdità e dell’infondatezza del proprio pensiero, non riesce a scacciarlo; infine, esso non riesce a mantenere un contatto con la realtà in presenza di prove concrete che dimostrano il contrario rispetto a quanto pensato.

Diversi autori hanno fornito dati e statistiche relative al fenomeno ed alcuni sono giunti alla conclusione secondo la quale anche se il 10% degli individui dichiara di essere preoccupato e di avere pensieri negativi sulla fedeltà del proprio partner nessuno di questi raggiunge livelli patologici. Circa il 30% dei casi in cui si può parlare di gelosia patologica mostra invece delle interessanti connessioni con la neuropatologia, in particolare con il Parkinson. La gelosia patologia nel paziente affetto dal morbo di Parkinson si spiega infatti a causa della compromissione delle aree cerebrali, soprattutto della regione frontale sinistra, e dei farmaci utilizzati per il trattamento. La terapia farmacologica del Parkinson, infatti, prevede l’utilizzo degli antagonisti della dopamina allo scopo di ridurre le manifestazioni motorie. Il farmaco, quindi, in questo caso favorisce l’aumento dei livelli di dopamina nel cervello e ciò, stando a quanto espresso da diversi studi, favorirebbe una maggiore gelosia.

Si può, quindi, affermare che la gelosia costituisce un aspetto assolutamente normale del vissuto individuale e relazione, tuttavia questo in presenza di altre condizioni neuropatologiche o disturbi di personalità può assumere delle caratteristiche che causano un grave malessere sia alla persona che la vive, sia al partner. In questi casi occorre considerare i fattori bio-psico-sociali che possono aver condotto all’instaurarsi delle manifestazioni patologiche. Una diagnosi medica e la conoscenza dell’eventuale utilizzo di farmaci in alcuni casi rappresentano un elemento conoscitivo fondamentale per la presa in carico dell’individuo e/o della coppia. Sebbene alcune volte appaia come una semplice manifestazione eccessiva rispetto ad una minaccia non reale, la gelosia è un fenomeno complesso che presenta molte sfaccettature ognuna delle quali merita attenzione ed approfondimento da parte del clinico.

C’è poi la gelosia più che lecita quando l’altro/a sta vivendo un’altra relazione parallela. Le statistiche sui tradimenti non confortano dato il dilagare di queste esperienze maschili e femminili. Ma questa è un’altra storia.

Ringrazio per la collaborazione la Dott.ssa Luisa Nocito


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