Quando usciamo per la prima volta con una persona che a malapena conosciamo, come valutiamo l’interesse e le intenzioni che l’altro ha nei nostri confronti? Possiamo prevedere se sarà un appuntamento a breve o a lungo termine?
Quello che ci si dice apertamente riguardo le volontà e gli obiettivi non può essere sempre considerato una fonte affidabile, in quanto si può mentire per controllare e nascondere la vera intenzionalità nei confronti della persona che abbiamo di fronte. E se osserviamo il comportamento, possiamo avere informazioni più veritiere?
Il linguaggio non verbale e i cambiamenti fisiologici e comportamentali possono essere interpretati come dei segnali che il nostro corpo invia in presenza di una persona che ci attrae: dal cambiamento del tono di voce (più profonda o più squillante) al dilatamento della pupilla, all’aumento di adrenalina e noradrenalina che comportano un aumento del battito cardiaco.
Un contributo importante a riguardo ci viene dal Dipartimento di Psicologia dell’Università di Ginevra, che ha effettuato una ricerca sullo studio del comportamento oculare. Lo sguardo si configura, infatti, come una sorprendente fonte ricca di informazioni che può trasmettere interesse, attenzione, curiosità; ricerche precedenti indicano che determinati scopi ed intenzioni influenzano la direzione dello sguardo e l’allocazione verso lo stimolo che cattura il nostro coinvolgimento. Quindi la decodifica e la comprensione del “linguaggio degli occhi” gioca un ruolo importante nelle interazioni interpersonali. Lo scopo degli autori della ricerca è tentare di differenziare l’amore dal desiderio sessuale in base allo sguardo che si scambiano le persone coinvolte in una relazione.
Studi di neuroimaging mostrano che l’amore ed il desiderio sessuale attivano le stesse regioni neurali all’interno di due aree corticali coinvolte nella rappresentazione del sé, nell’immagine corporea, e nell’azione diretta, e anche aree subcorticali associate ad emozioni positive, all’euforia, alla motivazione e alla dipendenza, quali talamo, ippocampo e corteccia cingolata anteriore.
Tuttavia l’amore ed il desiderio sessuale non sono identici e dipendenti l’uno dall'altro: l’amore non è un prerequisito per il desiderio e quest’ultimo non conduce necessariamente alla nascita di un sentimento come l’innamoramento. Il desiderio sessuale è caratterizzato da un aumento della frequenza e dell’intensità di fantasie sessuali e da un incremento di interesse nel raggiungere un obiettivo piacevole a breve termine con l’altro, mentre l’amore si differenzia per obiettivi a lungo termine, con l’intento di costruire una relazione solida e stabile con una persona importante per il nostro futuro.
A conferma di ciò, in uno studio condotto su 500 individui a metà degli anni 60 da Dorothy Tennov, una psicologa americana, il 61% delle donne ed il 5% degli uomini riferiva “Sono innamorato senza sentire alcun bisogno di sesso”, mentre il 53% delle donne e il 79% degli uomini diceva “Mi sono sentito attratto sessualmente, ma non ho provato amore”.
Nella più recente ricerca pubblicata su National Institute of Health sono stati coinvolti 20 studenti, 13 donne e 7 uomini con un’età media di 22 anni, che hanno partecipato a due studi: nel primo venivano mostrate foto di coppie eterosessuali, nel secondo fotografie di individui attraenti del sesso opposto a quello del partecipante; il compito prevedeva una parte comportamentale che consisteva nel valutare se la foto suscitava sentimenti di amore romantico oppure desiderio sessuale, l’altra parte composta dall’eye tracking, cioè la misurazione del punto di fissazione oculare.
Dall’analisi è emersa in primis l’importanza e la salienza del volto umano per la capacità di trasmettere informazioni critiche e per il coinvolgimento nelle relazioni sociali e private; inoltre l’analisi dei movimenti oculari ha riportato che l’attenzione visiva era allocata in modo differenziato nelle foto che suscitavano sentimenti d’amore rispetto a quelli erotici: nelle prime lo sguardo si soffermava ad osservare principalmente i volti, i lineamenti, le espressioni del viso, nelle seconde il fulcro dell’attenzione era sul corpo e sulla fisicità delle persone raffigurate.
Probabilmente i risultati non sono poi così sorprendenti, ma il fascino e l’interesse per il metodo potrebbe estendersi ad un contesto clinico di terapia di coppia ed essere da supporto allo studio e all’approccio con relazioni difficili, incrinate, in cui si fa fatica a capirsi, e soprattutto a comunicare apertamente e chiaramente cosa l’uno cerca dall’altro.
Ringrazio per la collaborazione la Dott.ssa Vanessa Russo