L’ultimo decennio è stato caratterizzato da una crescente attenzione da parte della comunità scientifica rispetto al tema dell’asessualità, definita come la mancanza assoluta di attrazione sessuale, riguardante circa l’1% della popolazione adulta.
Il punto di partenza per le ricerche sistematiche sull’asessualità è stato individuato negli studi di Bogaert che, nel 2004, nel suo articolo “Asexuality: Prevalence and associated factors in a national probability sample”, riferì che l’1,05% della popolazione britannica era asessuata. Tuttavia, bisogna sottolineare che l’asessualità non è un fenomeno nuovo: già Kinsey e i suoi colleghi, ad esempio, notarono che non tutti gli individui sarebbero potuti rientrare nelle categorie stabilite attraverso la scala Kinsey dell’orientamento sessuale, che andava da “esclusivamente eterosessuale” ad “esclusivamente omosessuale”, e a tal proposito crearono una nuova categoria per descrivere le persone “without socio-sexual contacts or reactions”, nota come categoria “X”. Nel loro libro del 1953 Kinsey e colleghi descrissero così tale categoria: “individui [i quali] non rispondono eroticamente a stimoli sia eterosessuali che omosessuali, e [che] non hanno contatti fisici evidenti con persone di entrambi i sessi”.
Il grave limite della storia e della ricerca passata in relazione a questo tema, è stata la completa mancanza di uno strumento validato atto a misurare il costrutto dell’asessualità. Tale mancanza è stata però ultimamente sopperita dalla “The Asexuality Identification Scale” (AIS), validata da Morag A. Yule, Lori A. Brotto, e Boris B. Gorzalka. Essa è destinata a fornire una misura valida dell’asessualità indipendentemente dal fatto che una persona si identifichi o meno come asessuata. Si tratta di un questionario self-report molto breve composto da 12 item che, per la sua validità e semplicità di somministrazione, dovrebbe rivelarsi utile per consentire ai ricercatori di reclutare campioni più rappresentativi della popolazione asessuata, consentendo una maggiore comprensione del costrutto.
Il questionario è stato sviluppato in tre fasi: in una prima fase è stato previsto lo sviluppo e la somministrazione di domande aperte; un secondo momento è stato dedicato alla gestione e all’analisi di 111 elementi per determinare quali mantenere e quali escludere; la terza ed ultima fase è stata concentrata sull’analisi di 33 elementi e sull’analisi della validità. Infine, sulla base di metodi analitici discriminanti, sono stati mantenuti i 12 item che compongono l’AIS. L’analisi è stata effettuata sul gruppo dei partecipanti indipendentemente dal sesso, sebbene più donne che uomini sembrano definirsi asessuate, e dall’orientamento sessuale dichiarato.
L’AIS-12 è stata progettata per essere utilizzata come strumento di ricerca valido e affidabile, che consente di distinguere gli individui asessuali dagli altri che non lo sono, e non per fornire informazioni sul fenomeno dell’asessualità stesso.
Una delle più grandi sfide affrontata nella creazione del questionario è stata quella di evitare di inquadrare gli individui secondo un genere binario rigoroso, poiché gli individui asessuati possono rifiutare l’identificazione sia come maschio che come femmina, preferendo altri termini come agendered, genderqueer, pan-asexual o gender-free. Lo scopo del questionario, infatti, non è mettere in discussione l’identità del singolo, ma permettere il reclutamento di campioni rappresentativi di persone che non presentano attrazione sessuale, a prescindere da come essi stessi si definiscono. In conclusione, il test dovrebbe costituire uno strumento utile ai ricercatori per reclutare un campione di ricerca rappresentativo al fine di aumentare la comprensione del fenomeno e dare una voce concreta a questa parte della popolazione mondiale.
Ringrazio per la collaborazione la Dott.ssa Luisa Nocito