È di giugno 2015 la nuova scoperta dei ricercatori della Fondazione Italiana di Endometriosi (FIE), diretti da Pietro Giulio Signorile, medico chirurgo e studioso della materia, che potrebbe cambiare in maniera considerevole la vita delle donne affette da endometriosi. Sappiamo bene come sia il ritardo della diagnosi a caratterizzare in maniera considerevole questa patologia e come lo stesso ritardo possa causare gravi conseguenze dal punto di vista psicologico, relazionale e professionale.
Le donne che hanno una diagnosi tardiva sperimentano, infatti, frustrazione, sentimenti di sfiducia nei confronti dei medici, bassa stima di sé, si sentono poi spesso incomprese da parte di amici, familiari e colleghi di lavoro. Una diagnosi precoce, invece, consente loro di poter trovare strategie adatte per la gestione dei sintomi dolorosi e di riconquistare la qualità di vita desiderata.
In cosa consiste questa nuova scoperta? E come potrebbe cambiare la vita delle donne?
I ricercatori della FIE, nello studio intitolato “A tissue specific magnetic resonance contrast agent, Gd-AMH, for diagnosis of stromal endometriosis lesions: a phase I study” pubblicato nel Journal of Cellular Physiology, hanno dimostrato che legando l’ormone anti-mulleriano (Amh), una glicoproteina prodotta nella donna dalle cellule della granulosa dei follicoli ovarici, al gladolinio, un metallo comunemente utilizzato come mezzo di contrasto, è possibile individuare anche le lesioni endometriosiche più piccole con la risonanza magnetica nucleare. Sembra, infatti, che il nuovo liquido di contrasto sia in grado di potenziare l’immagine e rendere, quindi, più agevole l’identificazione delle lesioni.
Il nuovo liquido costituito da Amh e gladolinio è stato scoperto da Pietro Giulio Signorile che ha compiuto uno studio approfondito partendo dalla presenza dell’Amh nel corpo. Sembra infatti che l’endometrio ectopico (tessuto endometriale che si trova all’esterno dell’utero) produca grandi quantità di Amh e che la sua individuazione sia centrale per la diagnosi dell’endometriosi. L’espressione di Amh nell’endometrio ectopico è tale che marcandolo con il gladolinio è possibile visualizzare la presenza di quantità anche millimetriche di queste cellule fuori dall’utero. “La prima parte della nostra ricerca - spiega Signorile - ha evidenziato che l’Amh era distribuito in molti organi, sebbene con diverse localizzazioni in cellule e tessuti e vari livelli di espressione. Ma soprattutto abbiamo dimostrato una forte e specifica espressione dell’Amh nel tessuto endometriosico…”.
I risultati dello studio attendono conferma e validazione in ambito clinico, e se così avverrà avremo a disposizione un nuovo importante mezzo diagnostico, non invalidante ed efficace, per individuare e contrastare l’endometriosi. “Il nuovo test diagnostico non invasivo è altamente sensibile e quindi esaustivo, consentendo una diagnosi precoce e non invasiva anche quando l’endometriosi è ancora a uno stadio lieve” continua Signorile.
Questo studio viene subito dopo l’ultima ricerca della FIE pubblicata nel Journal of Cellular Physiology, dal titolo “Serum biomarker for diagnosis of endometriosis”. Da questa precedente ricerca è emerso che per diagnosticare l’endometriosi, in un prossimo futuro, potrebbe essere sufficiente sottoporsi ad un semplice esame del sangue. Gli esperti hanno analizzato le proteine presenti nel sangue di 5 pazienti affette da endometriosi, confrontandole con quelle presenti nel sangue di 5 donne senza endometriosi. Le molecole presenti solo in presenza di questa malattia sono state identificate e verificate ulteriormente in altre 120 pazienti.
Gli studi della FIE sull’individuazione di test diagnostici non invasivi e precoci sono lodevoli e testimoniano un’attenzione accurata per la salute delle donne e per evitare loro le ripercussioni psicologico/emotive, relazionali e sociali di una patologia da diagnosi tardiva come l’endometriosi.
Ringrazio per la collaborazione la Dott.ssa Laura Falesiedi